Addio. Poesia al tempo del virus

Par : Cees Nooteboom, Fulvio Ferrari, Andrea Bajani
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  • FormatePub
  • ISBN978-88-7091-971-4
  • EAN9788870919714
  • Date de parution24/11/2020
  • Protection num.Digital Watermarking
  • Taille493 Ko
  • Infos supplémentairesepub
  • ÉditeurIperborea

Résumé

Un uomo in un giardino d'inverno: un fico spoglio, le oche del vicino, i sassi di un muro millenario, i cactus dagli strani nomi musicali con cui tesse da sempre un dialogo di sguardi, una nuvola grigio piombo che incombe come una minaccia, e il sorgere di una domanda: « la fine della fine, cosa poteva essere? » È dalla domanda sulla fine che ha inizio questo Addio, trentatré brevi poesie - un costante ritmo di tre quartine chiuse da un solitario verso finale come un accordo sospeso - quasi a evocare i canti di un'umana commedia che costantemente si ripete, un cammino nelle selve oscure dell'esistenza verso un inevitabile distacco.
I ricordi indelebili della guerra - soldati in ritirata, il padre in smoking sul lungomare, la madre accanto a quel futuro morto - si mescolano a creature spettrali che sembrano uscite da sogni malvagi e a persone reali amate e perdute: « l'amico morto senza poter più parlare » e l'altro « che sull'ultimo letto / tracciava con le mani un cerchio, / e voleva dire viaggio ». Le immagini spaziano dai bassifondi dell'evoluzione alle immensità del cosmo: « Che rumore fa la Terra / nella casa dello spazio? » La poesia nasce dal silenzio, e al silenzio aspira tornare.
Come nella Sinfonia degli addii di Haydn, i suoni uno a uno si spengono, gli orchestrali se ne vanno. « Ho percorso la strada / più lunga, la strada senza un arrivo », scrive Nooteboom. Gli altri che camminavano con lui, amici, fratelli, amanti, sono scomparsi, se ne va l'airone solitario che seguiva la traccia « di ghiaia, di sabbia e / conchiglie in frantumi » che è quanto resta della sua vita, il desiderio lo abbandona, non sente più il suono dei suoi passi: nella grandissima quiete di quel sovrumano silenzio gli è dolce il naufragare.
Un uomo in un giardino d'inverno: un fico spoglio, le oche del vicino, i sassi di un muro millenario, i cactus dagli strani nomi musicali con cui tesse da sempre un dialogo di sguardi, una nuvola grigio piombo che incombe come una minaccia, e il sorgere di una domanda: « la fine della fine, cosa poteva essere? » È dalla domanda sulla fine che ha inizio questo Addio, trentatré brevi poesie - un costante ritmo di tre quartine chiuse da un solitario verso finale come un accordo sospeso - quasi a evocare i canti di un'umana commedia che costantemente si ripete, un cammino nelle selve oscure dell'esistenza verso un inevitabile distacco.
I ricordi indelebili della guerra - soldati in ritirata, il padre in smoking sul lungomare, la madre accanto a quel futuro morto - si mescolano a creature spettrali che sembrano uscite da sogni malvagi e a persone reali amate e perdute: « l'amico morto senza poter più parlare » e l'altro « che sull'ultimo letto / tracciava con le mani un cerchio, / e voleva dire viaggio ». Le immagini spaziano dai bassifondi dell'evoluzione alle immensità del cosmo: « Che rumore fa la Terra / nella casa dello spazio? » La poesia nasce dal silenzio, e al silenzio aspira tornare.
Come nella Sinfonia degli addii di Haydn, i suoni uno a uno si spengono, gli orchestrali se ne vanno. « Ho percorso la strada / più lunga, la strada senza un arrivo », scrive Nooteboom. Gli altri che camminavano con lui, amici, fratelli, amanti, sono scomparsi, se ne va l'airone solitario che seguiva la traccia « di ghiaia, di sabbia e / conchiglie in frantumi » che è quanto resta della sua vita, il desiderio lo abbandona, non sente più il suono dei suoi passi: nella grandissima quiete di quel sovrumano silenzio gli è dolce il naufragare.
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