La fabbrica del passato. Autobiografie di militanti comunisti (1945 - 1956)
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- FormatePub
- ISBN978-88-229-1172-8
- EAN9788822911728
- Date de parution14/01/2021
- Protection num.Digital Watermarking
- Taille16 Mo
- Infos supplémentairesepub
- ÉditeurQuodlibet
Résumé
Nel primo decennio del secondo dopoguerra, il Partito comunista italiano obbligava i suoi militanti a narrare pubblicamente e a scrivere un'autobiografia. Questa pratica era importata dall'Unione Sovietica, ma le sue radici erano ancora più antiche della rivoluzione d'Ottobre. Perché il partito rivolgeva alla propria base una simile richiesta? Perché i militanti aderivano senza riserve (almeno in apparenza) a una pratica che provocava anche sofferenza? Qual era l'intreccio tra la costrizione e il
desiderio di scrivere? Il libro intende rispondere a queste domande sulla base del più vasto fondo documentario esistente in Italia, che raccoglie oltre milleduecento autobiografie.
La ricerca intreccia molteplici punti di osservazione: il rapporto tra la pratica autobiografica e la religione, l'uso della scrittura per la costruzione di rapporti gerarchici all'interno dell'organizzazione politica, i libri letti dai militanti nel loro percorso di formazione, gli scarti tra la narrazione e la norma che pretendeva di regolarla. A cento anni dalla fondazione del Pci, torna in una nuova edizione un libro che ha esplorato nuove strade per ricostruire e raccontare la storia politica del dopoguerra.
« Chi legge La fabbrica del passato - ha scritto Carlo Ginzburg nella prefazione - avrà a tratti l'impressione di immergersi in un libro di fantascienza: un'esperienza che l'aiuterà a guardare con occhi nuovi l'enigmatico presente in cui viviamo ».
La ricerca intreccia molteplici punti di osservazione: il rapporto tra la pratica autobiografica e la religione, l'uso della scrittura per la costruzione di rapporti gerarchici all'interno dell'organizzazione politica, i libri letti dai militanti nel loro percorso di formazione, gli scarti tra la narrazione e la norma che pretendeva di regolarla. A cento anni dalla fondazione del Pci, torna in una nuova edizione un libro che ha esplorato nuove strade per ricostruire e raccontare la storia politica del dopoguerra.
« Chi legge La fabbrica del passato - ha scritto Carlo Ginzburg nella prefazione - avrà a tratti l'impressione di immergersi in un libro di fantascienza: un'esperienza che l'aiuterà a guardare con occhi nuovi l'enigmatico presente in cui viviamo ».
Nel primo decennio del secondo dopoguerra, il Partito comunista italiano obbligava i suoi militanti a narrare pubblicamente e a scrivere un'autobiografia. Questa pratica era importata dall'Unione Sovietica, ma le sue radici erano ancora più antiche della rivoluzione d'Ottobre. Perché il partito rivolgeva alla propria base una simile richiesta? Perché i militanti aderivano senza riserve (almeno in apparenza) a una pratica che provocava anche sofferenza? Qual era l'intreccio tra la costrizione e il
desiderio di scrivere? Il libro intende rispondere a queste domande sulla base del più vasto fondo documentario esistente in Italia, che raccoglie oltre milleduecento autobiografie.
La ricerca intreccia molteplici punti di osservazione: il rapporto tra la pratica autobiografica e la religione, l'uso della scrittura per la costruzione di rapporti gerarchici all'interno dell'organizzazione politica, i libri letti dai militanti nel loro percorso di formazione, gli scarti tra la narrazione e la norma che pretendeva di regolarla. A cento anni dalla fondazione del Pci, torna in una nuova edizione un libro che ha esplorato nuove strade per ricostruire e raccontare la storia politica del dopoguerra.
« Chi legge La fabbrica del passato - ha scritto Carlo Ginzburg nella prefazione - avrà a tratti l'impressione di immergersi in un libro di fantascienza: un'esperienza che l'aiuterà a guardare con occhi nuovi l'enigmatico presente in cui viviamo ».
La ricerca intreccia molteplici punti di osservazione: il rapporto tra la pratica autobiografica e la religione, l'uso della scrittura per la costruzione di rapporti gerarchici all'interno dell'organizzazione politica, i libri letti dai militanti nel loro percorso di formazione, gli scarti tra la narrazione e la norma che pretendeva di regolarla. A cento anni dalla fondazione del Pci, torna in una nuova edizione un libro che ha esplorato nuove strade per ricostruire e raccontare la storia politica del dopoguerra.
« Chi legge La fabbrica del passato - ha scritto Carlo Ginzburg nella prefazione - avrà a tratti l'impressione di immergersi in un libro di fantascienza: un'esperienza che l'aiuterà a guardare con occhi nuovi l'enigmatico presente in cui viviamo ».





