Come cavali che dormono in piedi

Par : Paolo Rumiz
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  • Nombre de pages261
  • PrésentationBroché
  • FormatGrand Format
  • Poids0.23 kg
  • Dimensions13,0 cm × 20,1 cm × 1,6 cm
  • ISBN978-88-07-88810-6
  • EAN9788807888106
  • Date de parution01/07/2020
  • CollectionUniversale economica
  • ÉditeurFeltrinelli

Résumé

Nell'agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l'Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illu-de che "prima che le foglie cadano" il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando corne un'epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell'oblio, schiacciato dall'epopea di Verdun e del Piave.
Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerre mondiale, corne se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da li, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da li continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell'Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina.
Alla celebrazione Rumiz contrappone l'evocazione di quelle figure ancestrali, in un'omerica discesa nell'Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà - la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L'Europa è li, sembra suggerire l'autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un'unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.
Nell'agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l'Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illu-de che "prima che le foglie cadano" il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando corne un'epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell'oblio, schiacciato dall'epopea di Verdun e del Piave.
Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerre mondiale, corne se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da li, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da li continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell'Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina.
Alla celebrazione Rumiz contrappone l'evocazione di quelle figure ancestrali, in un'omerica discesa nell'Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà - la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L'Europa è li, sembra suggerire l'autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un'unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.
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