Patrick Chamoiseau

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Fratelli migranti

"Questa notte, su questa spiaggia, sotto quest'orizzonte gelido, in questi campi e bivacchi, distrutti e subito ricostruiti sempre, in Europa, in Asia, in Africa, nei Caraibi e nelle Americhe, si disegna una geografia del vento, scintille di sale, scintille di cielo, uno strano discorso di poeti e di esseri umani." Fratelli migranti è saggio manifesto e poesia, un testo generoso che nasce da una necessità. File di uomini attraverso la nebbia, le pietraie, i deserti, le tempeste, i fili spinati, muri e recinzioni, si spingono a toccare il cielo, a scavare l'inferno.
Non si spostano seguendo il magnetismo terrestre, o il movimento delle merci, ma i segni di un'intuizione che li porta verso un orizzonte. Clandestini, espulsi, esiliati desolati viaggiatori rifugiati espatriati rimpatriati globalizzati e de-globalizzati, arsi dal sale o annegati, richiedenti asilo, richiedenti di tutto quello che manca al mondo, richiedenti di un'altra cartografia del mondo. Contro gli stati di diritto parlano di umanità del diritto. Siamo tutti sulla stessa barca, e la sorte di ciascuno è responsabilità di tutti.
L'uomo che sulla propria terra non riconosce l'uomo che viene, che ne ha paura, senza arricchirsi di questa paura, che lo vorrebbe vedere morto o scomparso, è già morto anche lui. Il mondo e le sue miserie sono la nostra terra. Fare paese di questo mondo, fare coraggio di queste paure, fare incontro di queste fughe, è la nostra terra. Fare minareto di asilo, cattedrale di rifugio, tempio di benevolenza, è la nostra dignità.
"Questa notte, su questa spiaggia, sotto quest'orizzonte gelido, in questi campi e bivacchi, distrutti e subito ricostruiti sempre, in Europa, in Asia, in Africa, nei Caraibi e nelle Americhe, si disegna una geografia del vento, scintille di sale, scintille di cielo, uno strano discorso di poeti e di esseri umani." Fratelli migranti è saggio manifesto e poesia, un testo generoso che nasce da una necessità. File di uomini attraverso la nebbia, le pietraie, i deserti, le tempeste, i fili spinati, muri e recinzioni, si spingono a toccare il cielo, a scavare l'inferno.
Non si spostano seguendo il magnetismo terrestre, o il movimento delle merci, ma i segni di un'intuizione che li porta verso un orizzonte. Clandestini, espulsi, esiliati desolati viaggiatori rifugiati espatriati rimpatriati globalizzati e de-globalizzati, arsi dal sale o annegati, richiedenti asilo, richiedenti di tutto quello che manca al mondo, richiedenti di un'altra cartografia del mondo. Contro gli stati di diritto parlano di umanità del diritto. Siamo tutti sulla stessa barca, e la sorte di ciascuno è responsabilità di tutti.
L'uomo che sulla propria terra non riconosce l'uomo che viene, che ne ha paura, senza arricchirsi di questa paura, che lo vorrebbe vedere morto o scomparso, è già morto anche lui. Il mondo e le sue miserie sono la nostra terra. Fare paese di questo mondo, fare coraggio di queste paure, fare incontro di queste fughe, è la nostra terra. Fare minareto di asilo, cattedrale di rifugio, tempio di benevolenza, è la nostra dignità.
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