Nei nostri percorsi quotidiani incontriamo ormai tanti volti. Volti che appartengono a differenti mondi e, spesso, anche a differenti epoche storiche. Cosa c'è dietro a quegli sguardi? E perché la storia ci ha preparato questi incontri ? Il più delle volte preferiamo non chiedercelo. Lasciarli fuori. Fuori dai nostri pensieri. fuori dai nostri sentimenti, se possibile anche fuori dal nostro orizzonte. In un mondo frastornato dal chiacchiericcio mediatico che, come una scimmia, sta sempre sulle nostre spalle a stordirci con la banalità delle sue opinioni, è difficile fare silenzio, è difficile mettersi in ascolto e guardare, cercare di capire chi sono io. chi è l'altro. E più facile afferrare la prima opinione, che ci viene proposta e indossarla come si indossa un capo alla moda. Ma un'opinione, più che un terreno solido sul quale confrontarsi, è una palude che tende a uniformare la ricchezza della realtà in una melma, grigiastra. Se invece "fuori" dovessimo lasciare proprio le nostre opinioni, i nostri pregiudizi, le nostre barriere? Se lo straniero, invece che una minaccia, fosse soprattutto un'interrogazione su noi stessi, sul senso del nostro essere al mondo?
Nei nostri percorsi quotidiani incontriamo ormai tanti volti. Volti che appartengono a differenti mondi e, spesso, anche a differenti epoche storiche. Cosa c'è dietro a quegli sguardi? E perché la storia ci ha preparato questi incontri ? Il più delle volte preferiamo non chiedercelo. Lasciarli fuori. Fuori dai nostri pensieri. fuori dai nostri sentimenti, se possibile anche fuori dal nostro orizzonte. In un mondo frastornato dal chiacchiericcio mediatico che, come una scimmia, sta sempre sulle nostre spalle a stordirci con la banalità delle sue opinioni, è difficile fare silenzio, è difficile mettersi in ascolto e guardare, cercare di capire chi sono io. chi è l'altro. E più facile afferrare la prima opinione, che ci viene proposta e indossarla come si indossa un capo alla moda. Ma un'opinione, più che un terreno solido sul quale confrontarsi, è una palude che tende a uniformare la ricchezza della realtà in una melma, grigiastra. Se invece "fuori" dovessimo lasciare proprio le nostre opinioni, i nostri pregiudizi, le nostre barriere? Se lo straniero, invece che una minaccia, fosse soprattutto un'interrogazione su noi stessi, sul senso del nostro essere al mondo?